Non può vivere bene chi non è in pace con il suo corpo.

Maria Raffaella Dalla Valle
IL DIARIO

domenica 16 agosto 2015

Racconto la mia storia


 Sono nata il 29 giugno del 1958 in provincia di Verona, quando il 29 giugno era ancora festa di "precetto" e non si lavorava, la qual cosa mi fa sentire una ... regina. Sono la prima di sei meravigliosi fratelli spesso in discussione. Ho dato del filo da torcere ai miei genitori perchè fin da piccola sono stata "la ribelle di casa". Ho praticato molto sport, direi che soprattutto ho sciato. Per me lasciarmi andare ad altà velocità con gli sci ai piedi o scendere per ultima lungo le piste, al tramonto o di notte con la luna, era la cosa più bella e liberatoria del mondo! Sono diventata grande appassionata di montagna anche grazie ai miei genitori che dirigevano un Centro di sport invernali. La montagna non era solo piacere, ma anche vero lavoro, montagna vissuta, anche con la bufera, alzandosi di notte se c'era bisogno... Fin dagli anni ottanta, posso dire di essere stata un pò... visionaria o se va meglio dirlo così, un pò all'avanguardia, tanto che avevo "creato" uno skikindergarten per insegnare a sciare ai bambini in modo psicomotorio, attraverso il gioco, era una lavoro molto bello che però, a quel tempo non era molto preso in considerazione. 
Ho frequentato l'Isef di Bologna ed è stato in quel periodo che ho sviluppato la conoscenza e la pratica di diverse attività corporee: danza di tutti i tipi, Tai Chi, fino ad arrivare al metodo Feldenkrais - conoscersi attraverso il movimento ed altre tecniche psicocorporee.


 Sono approdata al metodo Feldenkrais perchè la mia emotività mi impediva di portare a compimento in modo ottimale risultati in campo sportivo ed espressivo. Finito l'Isef mi sono iscritta per due anni a medicina, ho fatto qualche esame. Desideravo diventare neurologa o psichiatra e contemporaneamente ho iniziato ad insegnare Educazione Fisica in una scuola media e liceo gestito da genitori, che aveva come fine la formazione integrale della persona. Ci sono rimasta 18 anni.  
Contemporanemanete ho cominciato a studiare le nuove tecniche psicocorporee e sono stata tra i primi italiani, a metà degli anni ottanta, a ottenere a Londra il diploma per l'insegnamento del metodo Feldenkrais. Fino a metà degli anni novanta ho insegnato a scuola, sono stata in giro per l'Europa per il Feldenkrais 3-4 mesi all'anno e mi sono iscritta al Magistero in Scienze Religiose presso quella che ora è la Pontificia Università della Santa Croce. Questo in seguito al desiderio di conoscere, alla mia curiosità e alla domanda di senso che ho sempre avuto.

In questo periodo insegnavo Feldenkrais, Educazione Fisica e Religione al Liceo, oltre che essere coach di alcune ragazze. Nel 2000 ho lasciato la scuola continuando ad insegnare il Feldenkrais e, qualche anno prima, mi sono iscritta alla Pontificia Università della Santa Croce dove ho conseguito la Licenza in Filosofia ad indirizzo Etico. Per quale motivo? Per approffondire l'antropologia, l'Etica, gli sviluppi dei NMR e del New Age, ma soprattutto il tema di questo blog: La corporeità. I professori che mi hanno seguito di più sono: Rafael Jiménez Cataño, Robert A. Gahl Jr. e Saverio Villanueva. In questo periodo ho sperimentato di non poter essere classificata in nessun stereotipo e assicuro che non è stato facile: considerata troppo alternativa e all'avanguardia da alcune cerchie cattoliche e troppo cattolica per alcune cerchie alternative!

Negli ultimi anni direi che ho lavorato nel campo del Feldenkrais (Centro Feldenkrais Ricerca MenteCorpo a VR e MI), della corporeità e... della mia malattia! Si, perchè anche la malattia è un vero e proprio lavoro e se vissuta bene ti trasforma nel profondo, ti arricchisce.

Direi che a questo riguardo mi ha aiutato molto meditare su queste frasi:

· Sul significato della sofferenza: “Dobbiamo fare tutto per superare la sofferenza, ma eliminarla completamente dal mondo non sta nelle nostre possibilità: semplicemente perché non possiamo scuoterci di dosso la nostra finitezza e perchè nessuno di noi è in grado di eliminare il potere del male, della colpa che - lo vediamo - è continuamente fonte di sofferenza". BXVI

· Su cosa di fatto sia la salute: “La tensione verso l’armonia fisica, psichica, sociale e spirituale, e non soltanto la assenza di malattie, che capacita l’uomo per adempiere la missione che Dio le ha affidato nella sua vita.” (GPII)

· Sulla vulnerabilità: Nella nostra cultura (...), “impariamo presto ad essere ‘forti’ e a ‘difenderci’ nella giungla del mondo. La vulnerabilità risulta pericolosa e tendiamo a nascondere le nostre debolezze e le nostre paure”. (...) “Capita che ci identifichiamo con l’opinione che gli altri hanno di noi, con la carica che abbiamo ed i ruoli che rivestiamo, con il nostro lavoro e la nostra posizione sociale, la nostra salute o la nostra malattia. Ci valutiamo in base al risultato e al rendimento, all’interesse che le persone mostrano per noi e alle relazioni che stringiamo. Ma in questo modo diventiamo ciechi per vedere la nostra realtà autentica e siamo sempre più dipendenti dagli altri, sempre più schiacciati dalla nostra ‘immagine’”. (...) Tutto questo richiede di imparare la libertà che “è un’esperienza personale e intima dell’uomo. E’ insita molto profondamente nella nostra natura e non la si può considerare relativa soltanto agli atti volontari, come si è spesso fatto. E’ qualcosa di più originario che arriva al livello più profondo della persona. Non riguarda soltanto i suoi atti, ma è un elemento costituivo del suo essere. Significa, allo stesso tempo, un radicale “stare in se stessi” e una grande apertura alle realtà esterne”. (Jutta Burggraf)

Penso di non esagerare se dico che la parte più importante della mia formazione si è concentrata durante questo periodo perchè non è stata solo interiore, spirituale, psicologica, ma embodied, è arrivata "alla pancia", al corpo, mi ha trasformata tutta. E questo grazie alla relazione col Personalissimo e con tante persone che mi sono state vicine e che si sono comportate come scritto nel brano che riporto. Ovviamente c'è stato anche chi se ne è andato, va infatti ricordato che non tutti sono capaci di relazionarsi col dolore, di toccare e di abbracciare, stare fisicamente vicino a chi soffre (e anche a chi gioisce), "ognuno è come è" e come tale va amato:

"Una persona libera sa rendere liberi anche gli altri. Scopre e valorizza la vita di quelli che incontra e aiuta ciascuno a crescere secondo il proprio modo di essere. È’ importante trovare la forma adeguata di mettersi in rapporto con ogni persona, secondo il suo carattere e le sue particolari condizioni, sapendo che ognuno è diverso dall’altro. «Ogni uomo è una persona a sé e pertanto io non posso programmare a priori il tipo di relazione con lui, ma debbo, per così dire, trovarlo ogni volta» (GPII). («È l’ora di una nuova fantasia della carità» GPII, NMI, 50) (...) Ogni persona è importante e sacra, indipendentemente dalle sue eventuali mancanze o errori, dalle sue fragilità e dalla sua vita passata. 
(...) Alcuni parlano di un’«ascetica delle relazioni umane», che consiste nel dare spazio all’altro perché possa svilupparsi «a suo modo», nel non giudicarlo quando tutti lo giudicano, non disprezzarlo né respingerlo, e guardare ai suoi errori «con sguardo amichevole». In un momento di scoraggiamento, di debolezza o di angoscia, è assolutamente importante trovare una persona che comprenda, che non rimproveri, che non classifichi freddamente, ma che dia consolazione e sollievo. «Seguo il principio di accogliere ciascuno come una persona che il Signore mi invia e che, allo stesso tempo, mi affida». 
L’«ascetica» si prova nella capacità di ascoltare. Ci spinge a impegnarci nella difficile arte di andare a fondo, di non fermarci a ciò che dicono, ma di arrivare a ciò che vogliono dire, di non ascoltare solo parole, ma messaggi. Ascoltare è carità. A volte si tratterà di fare la parte del cestino per la carta straccia o del sacco della spazzatura. (...) Può capitare che una persona ti venga a chiedere un consiglio e se ne vada contenta senza aver neppure ascoltato la tua risposta: ciò che veramente cercava non era il tuo consiglio, ma il tuo silenzio, la tua pazienza e la possibilità di parlare con qualcuno. 
Dovremmo rinunciare alla «presunzione di dare ricette e di avere ragione», cosa che tanto spesso ci impedisce di sintonizzarci con gli altri. Chi ammette la propria debolezza può incoraggiare l’altro e farlo crescere. Invece, chi presume di sapere tutto, può paralizzare le persone che gli stanno attorno. (...) Siamo pazienti se sappiamo vivere secondo i tempi dell’altro; se sappiamo aspettare il momento opportuno per avvertirlo di un possibile errore, rivolgendoci solo a lui, e a nessun altro. (...) 
Amare non consiste semplicemente nel fare qualcosa per qualcuno, ma avere fiducia nella vita che c’è in lui. Consiste nel comprendere l’altro con le sue reazioni, più o meno opportune, le sue paure e le sue speranze. E’ fargli scoprire che è unico e degno di attenzione, è aiutarlo ad accettare quanto vale, la sua bellezza, la luce in lui nascosta, il senso della sua esistenza. Consiste nel manifestare all’altro di stargli vicino. Se una persona sente di essere amata per quello che è, senza bisogno di mostrarsi intelligente o interessante, si sente sicura in presenza dell’altro; scompaiono le maschere e le barriere dietro le quali si era nascosta. Non è più necessario nè dimostrare nè nascondere nulla; non è più necessario difendersi. Quando qualcuno acquista la libertà di essere sé stesso, diventa accogliente ed amabile. Sorge in lui una nuova vita che lo fa maturare e crescere. In queste condizioni può accadere che una persona lontana dall’avere un vita spirituale si apra di nuovo a Dio (...)". (o. c. 68-70)

 

 

 

  

   

 

Riassunto della mia storia 

Due anni di studio di medicina

Diploma ISEF

Magistero in Scienze Religiose presso la PUSC

Licenza in Filosofia presso la PUSC

Diploma in psicocinetica con Jean Le Boulch

Diploma Metodo Feldenkrais e Post Training continui

Corso avanzato: il trattamento interdisciplinare dei disturbi alimentari

Formazione in Programmazione Neurolinguistica

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